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Il grande sequestratore e la sindrome di Arcore

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Nel campo d’Agramante di ariostesca memoria regna una grande confusione. Chi sia Agramante nella fattispecie metaforica dell’agonia italiana è semplice da individuare: Agramante è, diciamo così, il leader di tutti i Mori, ossia nella vulgata i cattivi contrapposti ai buoni, i cristiani. Dunque è chiaramente Berlusconi, che da sempre vende – da uomo d’affari valentissimo com’è in barba alla sinistra ma anche alla destra, al centro e ai lati – un solo prodotto perfettamente riconoscibile, e cioè se stesso. Ma è il campo che non torna: non sembra esserci una gran distinzione (eufemismo) tra Agramante e Orlando, che governano insieme “per il bene del Paese”.

C’è, all’evidenza, un unico campo, all’interno del quale ci sono guerre più o meno pacioccone e un caos fenomenale, tra falchi, colombe, uccellacci e uccellini da una parte e professionisti della politica burocratica vecchi & giovani dall’altra. Questa situazione ha attraversato tutte le stagioni del plasticato ventennio berlusconiano, che non è definibile così soltanto perché Berlusconi ha tinto di sé la politica e la società, il costume e il linguaggio di quest’Italia. Il punto ariostesco è che il solo, autentico prodotto messo in commercio dai suoi avversari in un paradigma contrapposto è stato appunto l’avversione all’uomo Berlusconi, peraltro giustificata su tutti i piani dalle nequizie del medesimo. Ma se è stata tutta e solo una politica anti, è oggi abbondantemente spiegata l’impasse paludosa in cui ci si trova di fronte all’ineleggibilità dell’ormai vetusto Caimano.

Fa effetto – pare – la presa di posizione “garantista” di Violante, e ci si scatena a dirne di tutti i colori da molte parti. Eppure era come si dice “alla moviola”. È puntualmente coerente con gli ultimi vent’anni, suoi e di quasi tutto il partito declinato nei vari nomi in ditta. Di quello che è accaduto nelle ultime settimane l’unico fatto davvero sorprendente pare essere la conferma della condanna per frode fiscale e susseguenti risvolti “politici” da parte della sezione di Cassazione. Non perché (Dio ne scampi anche dagli Orsenigo!) non ce ne fossero le motivazioni dopo 12 anni e tre gradi di giudizio, ma perché risulta essere nella sua linearità penale uno zeppo nel meccanismo. Quale meccanismo? Appunto quello ventennale di Agramante e del suo campo di Mori onnicomprensivo. Non credo ci voglia uno straordinario acume politologico, spesso soltanto una merce sul bancone, per afferrare il concetto di una particolare “sindrome di Stoccolma”, nel caso quindi di Arcore, che lega sequestrati a sequestratori.

Con il paradosso che la clessidra del tempo sta rovesciandone le parti. Dopo il fumo della “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto nel ’94 , dissolto dal denaro pubblicitario pubblico e privato del Cavaliere e dalla “paura dei comunisti” ispirata dallo stolido manifesto della sinistra di allora, una sorta di “adesso tocca a noi sederci a tavola”, adesso siamo a un rovesciamento di fronte: prima era Berlusconi a tenere “sequestrata” una sinistra senza progetto, adesso è la sinistra sempre senza progetto a “sequestrare” il Berlusca trasformato in Reo Silvio da una “scandalosa sentenza” che ha indotto a evocare finora solo i precedenti di Enzo Tortora e di Gesù di Nazareth… Per dire… Siamo alla svolta del didascalico simul stabunt simul cadent che è troppo vero per venire accettato come tale. Quindi si recita a soggetto, ma all’interno di quello stesso campo di Agramante. Quando il Paese capirà che ha a che fare comunque con i Mori, di cui è ostaggio dopo esserne stato vittima ventennale, rischia di essere sempre troppo tardi…

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